Il 25 marzo 1300, secondo alcuni  studiosi,  Dante iniziava il suo  viaggio nell’oltretomba; questa  data simbolica della creazione della Divina Commedia è stata consacrata alla celebrazione dell’autore. Una iniziativa fortemente voluta da tutti gli studiosi e gli enti che si dedicano al Sommo Poeta anche in vista del 2021, settecento anni dalla morte del poeta.

Ricordare Dante significa celebrare l’identità italiana; significa fermarsi a contemplare la cultura di cui ogni Italiano, più o meno consapevolmente, si è nutrito, è intessuto.

Di fronte ad eventi inattesi e sconvolgenti, che obbligano a fermarsi e a riflettere; a rivedere priorità e schemi di vita, fermarsi a riassaporare la bellezza dei versi danteschi assume il sapore di una vigorosa e rasserenante boccata d’ossigeno.

Il “giorno di Dante” sarà motivo per ricordare, come sosteneva De Sanctis, che:

Proprio della cultura è suscitare nuove idee e bisogni meno materiali, formare una classe di cittadini più educata e civile.

“Mi è parso importante, in un momento di così grave crisi, riportare l’attenzione sulla bellezza e sul senso di di appartenenza, sull’identità della nostra Italia. La bellezza, la poesia, la cultura come antitodo alla negatività che ci circonda, all’emergenza, al senso di spaesamento e di sconforto. Perché ogni cosa passerà e torneremo anche noi a riveder le stelle.”

Il Dirigente Scolastico

Ida Cimmino

Di seguito una raccolta di terzine famose scritte e narrate…con sorpresa finale!!!

Grazie al prof. Stefano Stella per la magnifica interpretazione!

La gloria di colui che tutto move
per l’universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove…
(“Paradiso”, Canto I)
Ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso
tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo
de la mia gloria e del mio paradiso…
(“Paradiso”, Canto XV)
A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle.
(“Paradiso”, Canto XXXIII)

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
(“Purgatorio”, Canto VI)

“[…] Caron, non ti crucciare:
Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole,
e più non dimandare…
(“Inferno”, Canto III)
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona…”
(“Inferno”, Canto V)
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
(“Inferno”, Canto V)
‘O frati,’ dissi, ‘che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza’.

(“Inferno”, Canto XXVI)
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
(“Purgatorio”, Canto VI)